Al clima di Cantacronache è legata anche quella che è forse la più bella canzone politica del secondo dopoguerra, Per i morti di Reggio Emilia, di Fausto Amodei, composta all'indomani dei moti popolari che nel luglio del 1960 rovesciarono il governo clerico-fascista di Tambroni.
Nota come in quei morti risorgenti dalla tomba torni un motivo già presente nell'inno di Garibaldi.
Compagno cittadino,
fratello partigiano,
teniamoci per mano
in questi giorni tristi.
di nuovo a reggio emilia,
di nuovo là in sicilia
son morti dei compagni
per colpa dei fascisti.
Di nuovo come un tempo,
sopra l'italia intera
urla il vento e soffia la bufera.
a diciannove anni
è morto Ovidio Franchi
per quelli che son stanchi
o sono ancora incerti.
lauro farrioli è morto
per riparare al torto
di chi s'è già scordato
di duccio galimberti.
son morti sui vent'anni,
per il nostro domani,
son morti come vecchi partigiani.
Marino Serri è morto,
è morto Afro Tondelli
ma gli occhi dei fratelli
si son tenuti asciutti.
compagni, sia ben chiaro
che questo sangue amaro
versato a Reggio Emilia
è sangue di noi tutti:
sangue del nostro sangue,
nervi dei nosti nervi,
come fu quello dei fratelli Cervi.
il solo vero amico
che abbiamo al fianco adesso
è sempre quello stesso
che fu con noi in montagna;
ed il nemico attuale
è sempre ancora eguale
a quel che combattemmo
sui nostri monti e in Spagna.
uguale la canzone
che abbiamo da cantare:
"scarpe rotte epuur bisogna andare."
Compagno Ovidio Franchi,
compagno Afro Tondelli
e voi Marino Serri,
Reverberi e Farrioli,
dovremo tutti quanti
aver d'ora in avanti
voialtri al nostro fianco
per non sentirci soli.
morti di reggio emilia,
uscite dalla fossa,
fuori a cantar con noi "Bandiera rossa".