Al momento dell'Unità l'agricoltura era l'attività economica nettamente prevalente nel paese, si trattava però di un'agricoltura per lo più povera. Morto Cavour (giugno '61), il gruppo dirigente che tenne le redini del paese proseguendone l'opera, fu quello della Destra.
Le si contrapponeva la Sinistra, che faceva proprie le rivendicazioni
della democrazia risorgimentale. Destra e Sinistra erano espressione
di una classe dirigente molto ristretta: il che diede un carattere
accentrato e personalistico alla vita politica. I leaders della
Destra realizzarono una rigida centralizzazione. Tra le circostanze
che li spinsero in tale direzione va ricordata soprattutto la
situazione del Mezzogiorno, dove l'ostilità delle masse
contadine verso i "conquistatori" assunse col brigantaggio
caratteristiche di vera e propria guerriglia.
Il brigantaggio fu sconfitto grazie a un massiccio impiego dell'esercito;
restò tuttavia irrisolto il problema di fondo del Mezzogiorno,
cioè quello della terra.
Sul piano economico, la linea liberista seguita dal governo
produsse un'intensificazione degli scambi commerciali che favorì
lo sviluppo dell'industria e consentì l'inserimento del
nuovo Stato nel contesto economico europeo.
Il tenore di vita della popolazione non migliorò a causa
della dura politica fiscale seguita dalla Destra, soprattutto
quando, dopo il '66, alla necessità di coprire gli ingenti
costi dell'unificazione si sommarono le conseguenze di una crisi
internazionale e le spese per la guerra contro l'Austria.
Il completamento dell'unità costituì uno dei
problemi più difficili che la Destra si trovò di
fronte. Falliti i tentativi di conciliazione con la Chiesa, riacquistava
spazio l'iniziativa dei democratici; nel 1862 l'iniziativa garibaldina
di una spedizione di volontari si risolse in uno scontro con l'esercito
regolare (Aspromonte).
Nel 1864 fu firmata la Convenzione di settembre con la Francia,
che prevedeva il trasferimento della capitale a Firenze. L'alleanza
con Bismarck contro l'Austria e la vittoria prussiana consentirono
nel 1866 l'acquisto del Veneto.
Il problema della conquista di Roma, potè risolversi inaspettatamente con la caduta del Secondo Impero, che permise al governo italiano la presa della città (1870).
Nel marzo 1876, il governo fu battuto alla Camera su un progetto
di legge relativo alla statalizzazione delle ferrovie. Il nuovo
governo presieduto da Depretis segnava il definitivo allontanamento
della destra al potere. Approvate la legge Coppino sull'istruzione
e la riforma elettorale dell' '82, gran parte del programma riformatore
della Sinistra fu accantonato.
Il sistema politico italiano perse, col "trasformismo"
di Depretis, il suo carattere bipartitico. Se si escludono le
zone più sviluppate del Nord, l'agricoltura italiana versava
in condizioni assai arretrate, situazione ulteriormente aggravata
dalle ripercussioni della crisi agraria, tra i cui effetti vi
fu un rapido incremento dell'emigrazione.
La crisi agraria finì col favorire indirettamente il "decollo" industriale italiano, si affermò cosl una linea di appoggio dello Stato all'industria che si manifestò anzitutto nell'adozione di tariffe protezionistiche (1878 e 1887). Il protezionismo era una strada obbligata per l'industrializzazione del paese. Restava, e anzi si aggravava, lo squilibrio economico tra Nord e Sud.
La stipulazione della Triplice Alleanza (1882) costringeva
l'Italia a rinunziare implicitamente alla rivendicazione del Trentino
e Venezia Giulia, tenuta viva dal movimento irredentista.
Fu avviata in quegli anni un'espansione coloniale sulle coste
del Mar Rosso. Il tentativo di estendersi verso l'interno portò
al contrasto con l'Etiopia e all'eccidio di Dogali (1887).
Gli anni '80 videro una notevole crescita del movimento operaio,
con la fondazione delle federazioni di mestiere e Camere del Lavoro,
leghe bracciantili e cooperative agricole.
Nel 1892 fu fondato il Partito dei Lavoratori Italiani (poi Partito
Socialista). La presenza cattolica nella società italiana,
soprattutto nelle campagne, era massiccia. L'Opera dei Congressi
sorse per organizzare tale presenza, secondo una linea di rigida
opposizione al liberalismo e al socialismo. Alla morte di Depretis
(1887) divenne presidente del Consiglio Crispi: la sua politica
autoritaria e repressiva si accompagnò a una importante
riorganizzazione dell'apparato statale.
Nettamente diversa la politica di Giolitti, a capo del governo
nel '92-93, imperniata su una più equa pressione fiscale
e su una linea non repressiva nei confronti dei conflitti sociali.
Il rifiuto di Giolitti di adottare misure eccezionali contro i
Fasci siciliani e lo scandalo della Banca romana provocarono le
sue dimissioni.
Gli atti di maggior rilievo del nuovo governo Crispi (1893) furono:
la riforma bancaria (nascita della Banca d'Italia), la proclamazione
dello stato d'assedio in Sicilia e Lunigiana, le leggi antisocialiste,
l'ulteriore spinta dell'azione coloniale che portò alla
guerra con l'Etiopia. La sconfitta di Adua (1896) causò
la fine politica di Crispi.